La salvaguardia dell’Art.1

Stanotte, mentre tentavo invano di prendere sonno, ho fatto alcune considerazioni sulla recente proposta di modifica dell’Art.1 della Costituzione, che butto giù senza pensarci troppo.

La prima è nel merito: pur non essendoci un divieto esplicito, è ormai consolidato nella dottrina che i principi fondamentali della Costituzione non sono modificabili, non tanto in quanto dogmi assoluti e incontestabili, quanto perché rappresentano a tutti gli effetti il paradigma e l’inquadramento del nostro paese. I padri costituenti -persone illuminate delle quali si sente oggettivamente la mancanza- seppero infatti sintetizzare perfettamente le regole di convivenza civile di uno stato moderno, attuando un perfetto bilanciamento tra poteri dello Stato, garantendo i cittadini sul perfetto equilibrio su cui si sarebbe basata la vita sociale in una nazione appena uscita dal disastro della Seconda Guerra Mondiale e prima ancora del fascismo.

La seconda considerazione è nel metodo e, a mio parere, questo è il vero punto oscuro di tutta questa vicenda: la Costituzione si può cambiare, è vero, per un adeguamento ai tempi e alle mutazioni inevitabili che occorrono nella società civile.
Tuttavia, la proposta della revisione dell’Art. 1 -che è universalmente considerato la summa di tutti princìpi della Carta e che tutti i cittadini dovrebbero non solo ricordare ma avere come punto di riferimento costante- non scaturisce tanto da una ponderata riflessione di uno o più costituzionalisti, dallo studio attento da parte di un comitato di intellettuali e giuristi, bensì viene da una repentina idea dal carneade di manzoniana memoria On. Remigio Ceroni che è -dalla scheda del parlamentare pubblicata sul sito web della Camera dei Deputati – laureato in Sociologia e Insegnante di Scuola Media Superiore.
Ora, con tutto il rispetto dovuto sia agli studi che alla professione dell’ On ceroni (al quale peraltro sarebbe interessante domandare cosa ne pensa dei tagli di spesa alla scuola pubblica recentemente introdotti), non credo che questo illustre onorevole abbia le competenze per poter proporre revisioni costituzionali.
E sta proprio qui il fulcro della vicenda, che se fosse stata un provocazione sarebbe stato molto meglio, da cui deriva l’amarezza di vedere la più alta espressione democratica di un popolo ridotta a un oggetto da plasmare e modellare per puro servilismo nei confronti del capo, ancora una volta dimostrando che per molte delle persone che siedono in Parlamento l’attività principale è assecondare il Presidente del Consiglio, nel tentativo disperato di rimanervi aggrappati e cercare di ottenere quanto più possibile in termini di cariche, incarichi, perché anch’essi si rendono conto che le cose stanno volgendo al peggio.
Questa altro non è che un’ennesima prova della decadenza della classe politica italiana, perché a nessuno mai, prima della “discesa in campo”, sarebbe venuto in mente un’idea così assurda; nella prima, anzi primissima Repubblica, tutto questo sarebbe stato intollerabile. E lo sarebbe ancora, se solo la tv pubblica facesse davvero informazione per i cittadini per far capire e illustrare le ragioni per cui è lecito ritenere assurde tali affermazioni.
Qualcuno ha detto che Pietro Ingrao ha enfatizzato per primo il valore della “centralità del Parlamento”: questo è vero, ma intanto Pietro Ingrao è stato un fine politico e un intellettuale riconosciuto -e quindi le sue affermazioni avevano un altro peso, rispetto a questa- e per restare sulle frasi, non mi pare che Ingrao abbia mai dato dello “squadrista” ai giudici.

Infine un’ultima considerazione riguarda l’oggetto stesso della proposta: la frase sulla “centralità del parlamento quale titolare supremo della rappresentanza politica della volontà popolare espressa mediante procedimento elettorale” ha poco senso, perché già questo concetto è espresso nei successivi articoli della Costituzione stessa.
Ciò dimostra, se mai ce ne fosse stato bisogno, la strumentalità dell’azione proposta e ancheun’ignoranza costituzionale che non è ammissibile per nessun cittadino, a maggior ragione da parte di un Deputato della Repubblica.

I commenti, purché non siano offensivi, sono assai ben accetti.

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